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Concerto aspettando l’alba 2021

29 Agosto 2021

All’alba

Polignano a Mare,28 agosto 2021

Memoria di Sant’Agostino

MATTEO 25 Le 10 vergini

Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. 2Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; 4le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi.

5Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.

A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. 7Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. 8Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. 9Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. 10Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa.

11Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. 12Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.

13Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora.

In questa parabola, di chiaro sapore escatologico, si verifica un problema: lo sposo tarda ad arrivare e le vergini sia stolte che sagge, si addormentano, non reggono l’attesa.

L’evangelista utilizza un verbo molto bello: χρονίζω, che in italiano potremmo tradurre con temporeggiare, anzi meglio temporizzare, rallentare la cronologia, insomma, portare indietro le lancette. 

Fare ritardo spesso ci procura un fastidio enorme, ci lascia il retrogusto della amarezza e della delusione; significa mancare ad un appuntamento, o peggio mancare di rispetto e di affetto nei confronti dell’altro. Comunque fino a quando fai ritardo, si può pure comprendere. Il problema è, come si dice in inglese, quando “sei ritardo” (I’m late), quando il non arrivare in tempo è il tuo stile di vita cronico ed identificativo.

L’antidoto è rinchiuso in quell’imperativo greco γρηγορεῖτε che deriva dal verbo ἐγείρω e che quindi non significa semplicemente vegliate, state attenti, mantenete gli occhi aperti, significa piuttosto “restate in piedi”, non lasciatevi piegare dai ritardi della vita, non lasciatevi inginocchiare da una felicità non ancora pervenuta, non lasciatevi atterrare dalla puntualità della sofferenze e del dolore.

Restate in piedi, mantenetevi su. 

Come si dice in inglese “on time”, sul tempo e non soffocati dal tempo.

La nostra vita è un ritardo che carica di attesa il desiderio di incontrare l’altro, in modo particolare l’altro a cui la morte sembra aver tolto la possibilità dell’arrivare in tempo. E forse è vero. 

Ma si può sempre arrivare in amore, se non si può arrivare in tempo.

Il contrario di ritardo è “puntuale”, quasi a dire che chi rispetta i tempi è un punto sicuro, certo, fisso. Il ritardo, invece, è un punto di sospensione: arriverà sicuramente, ma non si sa quando.

Questo arrivo indeterminato, senza un’ora precisa, in un tempo non puntualizzato, non è caratterizzato da un’assoluta incertezza, ma da un assetto di assoluto desiderio che genera ed amplifica il senso dell’attesa. Non si sa, ma quell’ora arriverà. Siamo analfabeti del tempo, non sappiamo leggere l’orologio escatologico, ma arriverà il giorno in cui l’amore ci farà incontrare ancora una volta. La morte non può essere la conclusione definitiva della esistenza, il punto finale, “il pienamente arresto della vita”, come si dice in inglese “full stop”! La morte è un abbraccio in “stand by”, la sospensione di un incontro, un punto in ritardo. E poi sarà “punto e a capo”!

L’importante è non arrivare mai tardi ad amare l’altro perché poi potrebbe essere dura reggere questo “love lag” che non ci fa recuperare il tempo perduto, perché il tempo per amare è sempre troppo poco. E un ritardo, può costare caro.

In uno dei suoi bellissimi libri “Castelli di rabbia”, Alessandro Baricco scrive: 

“Perché è così che ti frega la vita. Ti piglia quando hai ancora l’anima addormentata e ti semina dentro un’immagine, o un odore, o un suono che poi non te lo togli più. E quella lì era la felicità. Lo scopri dopo, quando è troppo tardi”.

Ma esiste anche un ritardo bello, che potremmo dire con il verbo attardarsi, farsi tardi volontariamente.

È significativo che il poeta DANTE, o meglio il Poeta che descrive la temporalità esclusivamente nel Purgatorio (perché l’inferno è eterna dannazione; il paradiso eterna gloria; il purgatorio è un tempo intermedio di purificazione), scriva una terzina meravigliosa, da imparare a memoria:

“E però, quando s’ode cosa o vede 
che tenga forte a sé l’anima volta, 
vassene ‘l tempo e l’uom non se n’avvede;

(Purgatorio, c. IV, vv. 7-9)

Potremmo rendere con:

“E per questo, quando si sente o si vede qualcosa che trattenga strettamente l’anima rivolta a sé, il tempo scorre (bellissimo questo vassene: scorre da sé) e l’uomo non se ne accorge;

Il tempo ritarda il suo andamento quando restiamo con le persone che amiamo nell’anima e l’orologio sembra distrarsi dal suo trascorrere.

Il bello è che proprio il nome “Dante” fosse l’ipocoristico, diciamo il vezzeggiativo, il diminutivo di “Durante DI ALIGHIERO”! 

Sant’Agostino, di cui oggi ricorre la memoria, nelle sue «Confessioni» (Libro 7), scrive

“Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. 

Ed ecco che tu stavi dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo. E io, brutto, mi avventavo sulle cose belle da te create. Eri con me ed io non ero con te. Mi tenevano lontano da te quelle creature, che, se non fossero in te, neppure esisterebbero. 

Mi hai chiamato, hai gridato, hai infranto la mia sordità. Mi hai abbagliato, mi hai folgorato, e hai finalmente guarito la mia cecità. Hai alitato su di me il tuo profumo ed io l’ho respirato, e ora anelo a te. 

Ti ho gustato e ora ho fame e sete di te. 

Mi hai toccato e ora ardo dal desiderio di conseguire la tua pace”.

Allora fai quello che vuoi, ma mi raccomando: 

non TARDIRE mai l’amore!!!

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